domenica 17 novembre 2013

Massimo Rizzu, ex rappresentante I.P.I.A. (SS), sull'istruzione Italiana

La situazione delle scuole Sarde, a partire dall’edilizia e finire sulla formazione, non è delle migliori. Ciò viene dimostrato, soprattutto, dai tagli continui che la scuola pubblica riceve dal Governo Nazionale, adottando politiche di ‘’risparmio’’ date dall’adesione al Patto di Stabilità, al Meccanismo Europeo di Stabilità –MES- o anche ESM, ai vincoli in bilancio, ossia l’impossibilità di spendere a deficit oltre il 3% che poi si ridurrà allo 0,5% e via discorrendo. Ecco però che il Ministro dell’Istruzione annuncia un finanziamento di 400 milioni alla scuola pubblica, tenendo presente che il Decreto Legge (95/2012, Legge 135/2012 approvato dal Governo Monti, maggioranza PD/PDL) varato dalle due camere; apportava un taglio di 52 milioni di euro alla scuola e 121 alla ricerca che andavano divisi in tre anni: 2012,2013 e 2014; c’è quindi qualcosa che non torna. L’importanza della cultura per la formazione del cittadino, dell’essere umano in generale, è enorme in una società civile e per poter permettere l’ingresso nel mondo del lavoro in maniera migliore, come strumento per combattere la crescente disoccupazione (oltre il 40% quella giovanile). L’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro di fatto crea produzione e consumo, capacità e possibilità di spendere e quindi acquistare beni eccetera. Nasce quindi il ‘’punto comune’’ in cui il Ministero della P.I. dell’Univ. e della Ricerca ed il Ministero del Lavoro confluiscono. L’istruzione porta lavoro, ma bisogna creare le condizioni affinché quel lavoro sia attuato in Italia e non all’estero, lasciando che centinaia di ragazzi trai 18/30 anni mettano ‘’radici’’ fuori da questo paese.
La visione che si da ai cittadini è pressoché ristretta visto che i mass-media non annunciano, se non per casi estremi, che la scuola, fin dal Governo D’Alema, ha subito tagli immani di ingenti quantità, riducendo sempre di più la creazione di ulteriori corsi di formazione professionale per aspiranti tecnici e cosi via. Ma parliamo della destinazione di fondi pubblici alle scuole private di fatto viola l’art. 33 comma III della Costituzione che recita: -"Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato"-. Negli Ultimi 14 anni, riporta il quotidiano REPUBBLICA, i finanziamenti dello stato alla scuola paritaria sono quadruplicati: da 116 milioni nel 1998 a 520 milioni (Governo Berlusconi) nel 2012. Il Sole24Ore, invece, mostra il taglio al Fondo ordinario delle Univ., per il funzionamento degli atenei, spese di prof.ri, ricercatori etc…, che è di 702 milioni di euro con la finanziaria 2009 ed in seguito nel 2011 diventa 835. Nel 2009, il 21,2% della popolazione tra i 15 e i 29 anni non lavorava e non frequentava nessun corso di studi o di formazione. L’Italia, infatti, ha il primato europeo per quanto riguarda il numero di giovani NEET 
(Not in education, employment or training – Non nell’istruzione, non nel lavoro non nella formazione. Nel Mezzogiorno, scrive ADOSCUOLA.IT, i giovani a rischio (nel 2008) erano 1 milione. E’ evidente che il Governo dovrebbe spendere per far sì che la scuola abbia maggiori sbocchi, ma se l’indirizzo preso è quello di accettare parametri economici imposti, allora la scuola pubblica verrà minimizzata sempre più, riducendo anche la possibilità di farsi una propria idea e rendendo il ragazzo schiavo di un sistema che oramai non funziona più, anzi, che non ha mai funzionato.
La politica non sta dando risposte, le Amm.ni Regionali, Provinciali e Comunali, che sono competenti sui vari gradi di istruzione (Superiori, medie ed elementari), sanno benissimo che non potranno più finanziare un solo progetto, che sia a favore della manutenzione scolastica, che sia contro la dispersione scolastica e via discorendo.
Prendiamo atto quindi che nell’attuale situazione ci voglia un nuovo piano di ‘’RECUPERO’’ delle strutture, della formazione, dell’istruzione, volto a migliorare un apparato statale contenente migliaia di persone che negli anni avvenire potrebbero permettere all’Italia di distinguersi da molti paesi dell’Europa. Tuttavia, se questo piano non venisse redato, quelle migliaia di persone (personale docente, ATA e studenti) si ritroverebbero senza un lavoro e senza una reale formazione culturale e sociale.

Massimo Rizzu