venerdì 23 novembre 2012

Lettera aperta del Prof. Andrea Zoccheddu

Avevo da tempo il sospetto che il succedersi di governi avesse l’intento di frantumare non solo la scuola come parte integrante del sistema democratico ma soprattutto gli insegnanti come categoria intellettuale. Ma oggi ne sento la certezza. Messa da parte l’ incessante svalutazione del lavoro del docente, uno dei primi elementi di frantumazione è stata la competizione tra le scuole. Importata dal mondo anglosassone, la competizione è stata spacciata per orientamento degli «utenti» ovvero l’implementazione del marketing nel mondo educativo. Legando proventi e posti di lavoro al numero di studenti della scuola, e inasprendo le competizione, accorpando e chiudendo istituti (ora si che si spiega il termine razionalizzazione) si è riusciti a convincere i docenti che mercificare la propria scuola sia non solo legittimo ma persino etico. Di conseguenza ci sono numerosi docenti che, nella salvaguardia del proprio posto di lavoro, sono disposti a propagandare ai quattro venti le offerte (sic) della propria scuola, impiegando la propria auto, il proprio telefono, le proprie energie in modo anche superiore agli sforzi portati in classe. Nel momento in cui si ipotizzano forme di lotta, emerge una resistenza ad abbandonare questo terreno di gara, nella consapevolezza che in gioco c’è il tornaconto. Con l’idea aziendale di introdurre la valutazione nelle scuole, si acutizzerà la rivalità tra colleghi, non solo di scuole diverse ma anche nella stessa scuola. Così tra fasce, bollini, titoli onorifici e medaglie, i docenti si dibatteranno come pesci nella rete dell’agonismo alla ricerca del soldo, della stabilità, dello status. E finalmente sarà completata la devastazione integrale. Sarà passato il paradigma culturale che vede non solo la mercificazione del sapere, ma anche e soprattutto del docente, interscambiabile, come un ingranaggio nel meccanismo asettico della «formazione» (dare la forma), dove lo studente prodotto viene semilavorato dall’insegnante (che imprime il segno) a beneficio delle imprese, forse persino a corollario. L’identità personale dello studente sarà relegata a medicalizzazione della mente, ovvero il disagio e la confusione saranno affrontati come disturbi sociali, da affidare a specialisti che analizzeranno e reinseriranno l’anormale alunno nel percorso canonico. Perché il docente sarà impegnato a certificare competenze, predefinite in moduli standardizzati (altrimenti impossibili da confrontare nei processi di valutazione), da somministrare con strumenti tecnologici in modo da favorire l’assimilazione ideale di uomo come macchina, talvolta guasta, che deve riprodurre efficienza e prestazioni tipici dell’automa, con cui sempre più deve confrontarsi. Il docente potrà finalmente espellere dalla propria sfera di competenza tutte le peculiarità irrazionali del soggetto utente, come la creatività, l’identità, l’emozione, la soggettività, l’ansia, la confusione e qualsiasi elemento disturbante come le tempeste ormonali adolescenziali,  i turbamenti dello spirito e della sessualità, il riconoscimento individuale, l’autonomia e l’autodeterminazione.


Meravigliosamente sempre più studenti si chiederanno stupiti perché debbano apprendere argomenti irrazionali, come la poesia e la pittura, poiché non saranno in grado di coglierne l’utilità ovvero la funzionalità al sistema. Salvo, ovviamente, che diventino elementi produttivi, oggetto di marketing e di promozione di prodotto/servizio, complementi oggettivi di visite, analisi e soprattutto consumo. L’emozione sarà il punto d’azione del promoter culturale. Ed ecco che non c’è differenza tra la copia del David e l’originale, il vero gotico e il neogotico statunitense, la piramide vetroacciaio, la visita virtuale ad Olimpia.
La scuola sarà il propulsore di questa moderno stile di vita, competitivo e estraniante. Sarà conferito un «bravo» agli studenti rapidi, efficienti, performanti, possibilmente stereotipati (l’uso di termini soft facilita questa assimilazione come socializzati o scolarizzati) e un «cattivo» a quelli non integrati, non aderenti al modello. Gli studenti creativi, emotivi potranno essere espulsi dai percorsi di integrazione con la appagante sensazione che sia liberatoriamente «giusto» e riconosciuto dalle «indicazioni degli standard nazionali e internazionali». E finalmente l’insegnante sarà l’operaio del sapere, incaricato di «dare forma» al «cittadino» degno di un romanzo di Heinlein.

Andrea Zoccheddu

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